Il potere della motivazione
“McBroom era un capo dispotico, il suo proverbiale caratteraccio metteva a disagio i suoi collaboratori”. “Leadership Emotiva” di Daniel Goleman. Per provare a raccontare il potere della motivazione mi piaceva partire da questa frase.
In queste settimane di quarantena ho spesso ripensato alla fortuna di aver potuto affrontare ogni giorno con la voglia di creare; con la consapevolezza che ciò che stavo facendo aveva un qualcosa di mio, qualcosa legato alla componente emotiva e motivazionale che trasferivo in quello che stavo facendo. E verso le persone con cui ogni giorno, ogni mattina, mi sentivo con la solita chiamata mattutina e organizzavo il lavoro.
Così ho provato un po’ a ripercorrere le basi di tutto questo…e ho provato diverse volte a ripercorrere questi miei 12 anni di lavoro. Provando a soffermarmi sui meriti di quelli che sono stati in questi anni i miei riferimenti; ecco in queste poche righe avevo voglia di “ringraziare” chi in qualche modo è riuscito a portarmi fino a qua. E a non far mai mancare, in quel modello, tutta una serie di qualità che sicuramente hanno inciso nel trasferire voglia e motivazione. Ogni giorno.
Ho iniziato questo articolo riportando un pezzetto di “Leadership Emotiva”, di sua maestà Daniel Goleman; dall’esempio di McBroom, pilota di aerei di linea dalle competenze tecniche eccezionali ma poco incline all’apertura verso i suggerimenti dell’altro: verso gli uomini del suo equipaggio. Nel 1978, qualcosa andò storto durante l’inizio di una procedura di atterraggio; alcuni di quei suoi collaboratori erano coscienti di cosa potergli suggerire per limitare i danni, ma spaventati dalla sua reazione, evitarono ogni forma di comunicazione: l’aereo si schiantò, con svariate vittime. Ancora oggi, quell’incidente, viene raccontato come ammonimento nei corsi di sicurezza per aspiranti episodi.
Così partendo da questo e ripercorrendo svariati spunti di questo libro, ho provato a riportare sulla mia esperienza la fortuna di aver incontrato nei miei primi anni di lavoro, ma anche dopo, persone capaci a soprattutto ricche di risorse umane! Dandomi così l’opportunità di fare tesoro di tutto quello che in qualche modo ho provato a raccogliere dal loro “patrimonio”.
Il modo peggiore per motivare
E’ uno degli aspetti che Goleman mette in forte risalto; e come spesso fa, per dare enfasi ad un comportamento positivo, racconta i disastri che ne generebbe il suo opposto.
“Denigrare con disgusto, sarcasmo e disprezzo, appiattisce completamente la creatività e la motivazione di una persona”.
La critica è un aspetto fondamentale in ogni fase del nostro percorso; non solo lavorativo. Ed è fondamentale saper formulare una critica; non meno del saperla ovviamente accettare. Se non riesco a trovare la giusta formula per una critica, non riuscirò mai a stimolare la voglia di motivare nella giusta maniera e quindi la voglia di correggersi. Se non ho imparato ad accettare le critiche, o se credo di non averne bisogno, probabilmente non sarò mai in grado di interagire all’interno di in un gruppo di lavoro. O più in generale, di un gruppo di persone.
Nella mia vita professionale ho avuto la fortuna di imbattermi sempre in critiche formulate con le giusta empatia ed emotività dai miei responsabili; e questo mi ha insegnato a ribaltare lo stesso modello quando sono poi diventato io responsabile di persone con cui mi sono trovato a collaborare.
Ho imparato che la critica non è qualcosa che deve mettere a disagio l’altro; ma è uno strumento potentissimo per stimolarlo. Per motivare la crescita del singolo e, quindi, di un gruppo di lavoro. Goleman mette ripetutamente in risalto un aspetto, e non lo fa solo in Leadership Emotiva: se per troppo tempo vi accorgete che non c’è nulla da correggere in ciò che fate, o in ciò che fanno i collaboratori che fanno capo a voi, non state evolvendo o non state facendo evolvere i vostri collaboratori: nella migliore delle ipotesi, siete fermi mentre intorno a voi il mondo evolve ad una velocità impressionante.
Criticare con tatto
“Una critica ben formulata mette l’accento su quanto è stato realizzato o si potrebbe eventualmente realizzare, piuttosto che interpretare un lavoro insoddisfacente come un difetto“.
Non potrei trovare parole più giuste e sintetiche. Goleman presenta così il concetto di critica; critica non come errore, ma come spunto di miglioramento. Per molti, lo era per me in primis, la linea di confine potrebbe sembrare inesistente; in realtà ho imparato sulla mia pelle c’è una differenza sostanziale e che può esaltare o distruggere il potere della motivazione.
Ovviamente a questo va poi aggiunta la capacità sviluppata e coltivata da ognuno di noi nel saper comprendere l’altro e nel saper trovare i giusti canali e i giusti punti su cui far leva nel sollevare una critica; oltre ad una serie di “impalpabili” aspetti che nella comunicazione riguardano tutta la sfera del preverbale. Sempre sulla mia pellaccia (per citare lo Zio Monthy) ho imparato che saper percepire l’altro e sapersi mutuare a seconda della persona a cui si rivolge un suggerimento, fa una differenza incredibile; un comandante è convinto che si debba restare fedeli alla propria unica linea e adottare quella indipendentemente da chi si ha di fronte; ho constatato invece che motivare è tutt’altro.
La letteratura li definisce leader; al di là dei termini, un buon motivatore conosce e scopre in buona parte i propri punti di debolezza, i propri limiti; magari ha imparato a sue spese i contro di una cattiva comunicazione legata ad una poca conoscenza di sè e ad una bassa propensione all’empatia verso l’altro. E alla stessa maniera impara a trovare per se stesso i canali di una giusta motivazione; provando poi a cogliere quelli delle persone con cui collabora, e a stimolarli.
In questo modo trova poi, anche grazie all’esperienza, il modo per cogliere la loro parte migliore; seguendo quel fantastico gioco di “contaminazioni” positive che all’interno di un gruppo di qualsiasi natura, riesce a fare la differenza.
Accetta di essere ciò che sei. Scoprirai quanto è bello accettare il mondo.
Un po’ di tempo fa lessi una frase che mi è rimasta impressa: “Il presente è la somma delle scelte che hai fatto nel tuo passato; e il futuro di quelle che stai facendo oggi”.
Fermo restando la bellezza di vivere il presente in maniera piena e spassionata senza doversi sempre preoccupare di ciò che sarà o farsi influenzare da ciò che è stato, credo che se si sceglie di vivere in questa società e se si sceglie di farlo volendosi godere un minimo di indipendenza, non si possa non avere contatto, concreto e crudo, con la realtà e con cosa succederà nella nostra vita nel nostro futuro; e con cosa vorremmo che succedesse. Questo ovviamente non prescindere da una regola: entrare in contatto con cosa siamo; cosa vorremmo migliorare di noi stessi e dove vogliamo andare. Accettando ovviamente che da un momento all’altro può arrivare qualcosa di esterno a noi che stravolge ogni cosa; accettando quindi di dover ricominciare a ritrovarci, magari cambiati, e a ricostruire. Ma con la consapevolezza di aver scoperto qualcosa di nuovo; dentro e fuori di noi.
Insomma, fermarci ogni tanto e farci due conticini su come ci vediamo da qui a un po’ più in là non farebbe male. Ammesso ovviamente che non si scelga di vivere alla giornata; coscienti che questo non ammazzi il potere della motivazione e accettando tutto ciò che ne consegue.
“Chi manca di consapevolezza tenderà a prendere decisioni che rischiano di scatenare terremoti interiori e urtare valori sepolti e non percepiti come tali”.
“Lo stipendio era allettante, così ho firmato. Però le cose che faccio adesso non significano nulla per me, sono sempre annoiato”
“Le decisioni prese da chi è cosciente di sè, invece, sono sempre intimamente legate ai suoi valori, tanto che spesso il lavoro ha addirittura un effetto energizzante“
Alcuni esempi che Goleman porta all’attenzione per rimarcare come la consapevolezza stia alla base delle scelte che facciamo oggi; quelle scelte che in buona parte, creano il domani. Lasciando ovviamente spazio a quel minimo di caso che sempre incide e che forse è la componente da un punto di vista emozionale ed emotiva, più ricca.
L’energia della gratitudine
Ecco, anche qui mi sento di dover ringraziare chi in passato mi ha dato l’opportunità di poter scegliere; i miei genitori in primis. Ringraziare chi mi è stato di supporto nell’aprirmi gli occhi su tutta una serie di situazioni rispetto alle quali, nell’entropia di quei momenti, avevo poco a fuoco. Ovviamente poi come in ogni cosa, sta ad ognuno di noi dare valore a ciò che ci viene dato, e metterci poi del nostro per “capitalizzare” ciò che ci è stato donato per la sola e disinteressata voglia di donare.
In più di un articolo inerenti a questo tema, ho parlato di “capitale umano”; per esprimere tutta quella ricchezza interiore che ci portiamo grazie a chi ci è stato vicino. E grazie poi a noi stessi che siamo stati in grado di accrescerla.
Riporto volentieri due suggerimenti sul fantastico tema della gratitudine:
Scoprire il mondo mi ha insegnato a dare più valore al presente
Tutto questo mi ha portato oggi a dare un peso enorme alla voglia di dire spesso grazie; anche per piccole cose. La capacità di saper dire grazie a chi ci è vicino, di mettere tutto noi stessi in ciò che facciamo per poter dire grazie a noi stessi. La capacità di ringraziare tutto il bello che succede ogni giorno: un tramonto, qualche ora di surf con un amico in acqua, una cena con la mia famiglia o con un amico. Il potere coinvolgente di un grazie è immenso! Soprattutto quando diventiamo riferimenti.
E poi, aiuta ad accettare il mondo. Accettare che certe cose sono stupende perché stravolgono la nostra visione delle cose. Sono fuori dal mio governo; bellissime così. Perchè non tutto succede perchè c’è un perchè; succedono perchè sono così.
Grazie, a chi ogni giorno riesce sempre ad insegnarmi qualcosa di nuovo!